Da dove si inizia per descrivere un'avventura
mozzafiato?
Dunque, innanzitutto voglio tranquillizzare tutti quelli che mi davano per
morta e/o dispersa. Sì, sono stata male. Sì, sono stata in pronto soccorso. Sì, volevano farmi le flebo. Ma sono sopravvissuta ed è stata un'esperienza incredibile dal primo momento che ho messo piede in territorio brasiliano, fino all'ultimo.
Intanto in Brasile non si moriva di caldo, anzi, quando pioveva faceva anche piuttosto freddino, ma questo potevamo aspettarcelo essendo lì inverno. Un po' in effetti rimpiango il clima brasiliano: qua in Italia si muore di caldo!!!
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Alba a Sao Paulo |
I primi giorni a
Sao Paulo sono stati tranquillissimi e piacevolissimi. Sono stata a visitare il santuario della
Madonna Aparecida, molto famoso e veramente magnifico. Ho dormito in un'università (quindi per terra) e con un gallo che cantava tutte le mattine alle
5.00,
ma questi sono dettagli. Ho mangiato poco/niente (a colazione mi sembrava fantastico trovare anche solo il solito panino secco col burro),
ma anche questi sono dettagli.
Le cose importanti sono davvero altre. Ho incontrato persone da tutto il
mondo: Cina, India, Canada, USA, Spagna,.... Dormendo in un'aula con delle ragazze cinesi mi sono anche fatta tradurre qualche parola :D
La cosa fantastica è stata che, pur non conoscendo la lingua di queste persone (e l'inglese sembrava austro-ungarico a quasi tutti) e non conoscendo nulla della loro cultura, ci siamo subito sentiti in sintonia.
Mai giudicati,
sempre amati. Parte di uno stesso corpo.
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Copacabana |
Dopo 4 fantastici giorni a Lorena (San Paolo), mi sono ritrovata catapultata a
Rio de Janeiro.
Ora, non so quale sia la prima immagine che vi salta in mente quando qualcuno nomina questa metropoli. Per me, prima di partire, Rio era
Copacabana, spiagge, mare, sole, cocco, Pan di Zucchero, Corcovado e Cristo Redentor.
Rio era questa anche perchè, se prendete in mano una qualunque cartolina (anche quelle che ho spedito io), questo è quello che troverete sopra.
Vi comunico ufficialmente che io ho fatto esperienza di una Rio completamente
diversa. Sono stata ospitata in famiglia per tutti i giorni che mancavano al ritorno. Una
famiglia meravigliosa che ci ha accolto con gioia e con amore. Una famiglia composta dalla mamma Maria Adriana col marito Francisco, i due figli Felipe (16 anni) e Ana Paula (21) e il figlio di lei, Joao Paulo (3). Loro vivono in un quartiere povero, in una delle favelas e lì ho abitato io per 8 giorni. In questi posti
l'acqua calda non sanno nemmeno cos'è, la
carta igienica non si può buttare nel gabinetto altrimenti si intasa tutto, i
ratti attraversano la strada tranquillamente e hanno le dimensioni dei nostri gatti. Per non parlare del
cibo: la pizza per loro è una piadina con sopra qualunque cosa, senza pomodoro, ma con Ketchup e Maionese.
Ecco, nonostante loro vivano in queste condizioni non del tutto confortevoli, hanno sempre il
sorriso stampato in volto e ci hanno riempito il cuore di speranza e gioia. Ho avuto moltissimo da imparare da questa famiglia. Loro non hanno nulla (o quasi) e tutto quello che hanno, l'hanno dato a noi. Senza lamentarsi, anzi, facendolo con allegria e amore.
Ho visto nei loro occhi una serenità che in Italia non si vede in molte persone.
Sin dal primo giorno in cui sono arrivata in Brasile, un senso di
gratitudine mi ha pervasa da testa a piedi. Davvero credo che non ringrazierò mai a sufficienza chi mi ha permesso di vivere quest'avventura. Le persone da ringraziare sarebbero tante e preferisco non fare nomi per paura di dimenticare qualcuno. Questa è stata un'avventura che porterò sempre dentro e che mi ha profondamente
toccata e
rafforzata. Devo ammettere che ho sentito parecchia nostalgia di casa, ma questa è stata un'esperienza che rifarei mille e mille volte. I luoghi, le persone, i sorrisi, gli abbracci....sono cose che
non dimenticherò mai. Tutto quello che ho vissuto mi ha permesso di capire ulteriormente (se mai ce ne fosse stato bisogno) di quanto io sia
fortunata, di quante cose (anche superflue) io abbia. Lì i bambini giocano ancora per le strade e si divertono, fanno i girotondi e fanno volare gli aquiloni.
Non piangono se non hanno l'ultimo gioco uscito sul mercato.
Rio è certamente fatta di grattacieli splendenti, luci, locali, ma non si può far finta di nulla. Non si può credere che Rio sia solo questo. Non si può negare l'esistenza di persone che vivono in condizioni meno fortunate delle nostre. Non si può semplicemente tenere lo sguardo fisso su Copacabana e dare le spalle alle
favelas.
Ora che sono tornata in Italia ho un unico rimpianto: il giorno in cui dovevo visitare il Cristo Redentor sono stata molto male e non sono potuta salire sul
Corcovado.
Lui sta lì, sul monte e da lontano l'ho potuto ammirare più volte. Per questo motivo mi sento quasi in dovere di tornare, un giorno, a Rio, dal Cristo che
mi attende a braccia aperte.
Come, dopotutto,
attende chiunque.
Avvolge Rio de Janeiro in un unico
abbraccio.
Vedere quella statua è stato davvero emozionante. E' il simbolo di Rio de Janeiro, è il simbolo del Brasile, il simbolo dell'amore.
Vi prego, se potete, dopo aver letto queste mie parole,
fermatevi un istante.
Guardatevi attorno. Aprite realmente gli occhi sulle cose che possedete, sulle persone che vi sono accanto e che vi amano. E almeno per un nano-secondo siate grati,
immensamente grati, per tutto ciò che avete. Sia esso tanto o poco. Bello o brutto. Abbondante o scarso.